Le terre della D.O.C. Montepulciano si estendono dal 42° e 41’ Nord ( foce del Tronto) fino al 41° e 40’ Sud presso i monti della Maiella.
La geomorfologia del territorio è estremamente irregolare in tale regione ed oltre il 60% della superficie abruzzese è costituito da montuosità assai elevate con punte di poco al di sotto dei 3000 metri. La dorsale appenninica si estende verso oriente da Nord a Sud presentando in stretta associazione monti e massicci.
Dalle pendici orientali dell’ Appennino abruzzese “regno dei calcari” si passa alla fascia delle argille plioceniche (che risalgono cioè all’ultimo periodo dell’era terziaria), in cui si evidenzia il diverso aspetto geologico e morfologico attraverso le caratteristiche forme arrotondate. Tale fascia sub-appenninica collinare che degrada verso il mare in uno spazio non più largo di 20/25 Km, si presenta intensamente coltivata e morfologicamente tormentata a causa del modellamento dovuto ai fenomeni di erosione torrentizia.
Anche l’idrografia della regione si presenta molto articolata a causa della costituzione geologica calcarea del sottosuolo che da origine ad un vero e proprio sistema idrografico sotterraneo. Le masse calcaree infatti assorbono acqua meteorica e la ridistribuiscono dopo lunghi percorsi sotterranei alle sorgenti che generano e regolano i principali corsi d’acqua. La struttura litologica generale e l’ambiente geopedologico sono ritenuti ideali e particolarmente idonei alla coltura dell’olivo e della vite.
Il clima ha carattere mediterraneo per l’andamento della temperatura e delle piogge che lo influenzano. Il mare Adriatico, poco profondo, esercita un limitato effetto mitigatore ma la presenza di numerosi massicci montuosi preserva la regione da correnti fredde provenienti da Nord, favorendo alle varie aree contrasti netti e differenze climatiche sostanziali.
Il territorio può, climaticamente parlando, essere diviso in due fasce: la marittima verso Est e la montana verso Ovest racchiusa dall’arco abruzzese esterno. In tali aree il clima è generalmente omogeneo ma registra la presenza di un certo numero di microclimi tanto da poterne fare successive puntualizzazioni. Il fronte mare di 128 Km della costa abruzzese contrapposto a breve distanza dalla dorsale Appenninica, crea correnti escursionali con limitate variazioni termiche e la susseguente ventilazione allontana e ritarda le fitopatologie più temute per la vite mantenendo la limpidezza atmosferica.
La penetrazione energetica globale (luminosità e calore), inoltre, risulta essere ottimale per tale pianta. La piovosità è sufficiente per una pianta arido-resistente quale la vite e troviamo alcune zone siccitose solo nel basso Abruzzo. Rari sono i fenomeni atmosferici contrari durante il periodo vegetativo, le escursioni termiche, come detto, sono contenute, per cui di rado si verificano brinate tardive.
I venti sono generalmente deboli, condizionati dalla successione montuosa, a volte superano i 50 Km l’ora.
La gestione del suolo del vigneto è ancora oggi generalmente affidata alla lavorazione meccanica. Con fresature o zappature frequenti si cerca di eliminare le malerbe, riducendone così la concorrenza con la vite per l’acqua e gli elementi nutritivi, a tutto vantaggio della produzione della vigna; di interrare i concimi minerali e organici e il materiale di potatura; di limitare la diffusione di alcuni parassiti legati alle malerbe (ad es. le cicaline); infine di ridurre le perdite di acqua per evaporazione dagli strati profondi del terreno nella stagione calda e di aumentare la capacità di immagazzinamento nei periodi piovosi.
Oggi però, dopo decenni di lavorazioni intensive dei vigneti, si devono fare i conti con una serie crescente di inconvenienti che limitano fortemente i vantaggi per chi ancora oggi sceglie questa tecnica di gestione del terreno. Su un suolo lavorato, e particolarmente in collina, le acque piovane tendono a ruscellare determinando gravi fenomeni erosivi. Inoltre il terreno nudo, quando è bagnato, ostacola i movimenti delle macchine limitando la possibilità di interventi tempestivi di difesa o di raccolta. Chi non conosce la difficoltà di vendemmiare sotto la pioggia in un vigneto fresato di recente? Frequenti lavorazioni tendono inoltre: a formare una suola di lavorazione in profondità favorendo la comparsa della clorosi ferrica; a degradare rapidamente la sostanza organica, cosa che determina, oltre ad una diminuzione della fertilità complessiva del terreno, anche la perdita di struttura con formazione di crosta e crepe superficiali; ad aumentare la presenza di malerbe perenni a causa della rottura e della disseminazione dei loro organi di propagazione; a determinare la morte di un certo numero di piante di vite a causa delle ferite inferte dagli organi lavoranti alle radici. Infine il rivoltamento degli strati profondi e quindi più freschi del terreno determina notevoli perdite di acqua.
Come era già successo in Europa a partire dal decennio scorso, l’evidenza e la gravità di questi inconvenienti hanno imposto anche in Italia un ripensamento sulla tecnica di gestione del vigneto più adatta a ridurre i costi di produzione e l’impiego di manodopera e ad assicurare un miglior livello di fertilità del suolo. Il consiglio è quello di ridimensionare fortemente il numero e l’intensità degli interventi meccanici che dovrebbero essere riservati solamente alle aree con scarsa dotazione idrica (senza irrigazione e con meno di 250 millimetri di pioggia fra maggio e agosto).
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